Agricoltura sociale: la rivoluzione lenta, speriamo non mancata

AiCARE: “In occasione della presentazione del Rapporto sull’agricoltura sociale emerge un settore che dimostra vitalità ma che subisce freni e ha sempre più bisogno del sostegno genuino delle istituzioni”.

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La definizione del settore toccava, secondo quanto stabilito dalla legge-quadro n. 141 del 18 agosto 2015, a un decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali da emanare entro novembre 2015. Dopo oltre due anni il decreto non c’è. O meglio ne esiste una bozza, di cui deve essere ancora acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, ma su cui, peraltro, già la Conferenza Stato-Regioni si è espressa favorevolmente, raccomandando “di chiarire, nelle linee guida di prossima definizione, la figura dell’operatore di agricoltura sociale nonché le modalità applicative (…) delle norme in materia di fatturato delle cooperative sociali”. Questo grave ritardo è, come spesso accade, colpa delle inefficienze e della burocrazia del settore pubblico? Oppure, è lecito chiedersi se sia frutto della dicotomia esistente, in agricoltura sociale, tra mondo delle cooperative e dei servizi e mondo agricolo. E ancora, quanto l’Osservatorio sull’agricoltura sociale (istituito ai sensi della stessa legge quadro presso il Mipaaf, con la partecipazione delle rappresentanze delle imprese agricole e delle cooperative sociali), guardando agli interessi parziali piuttosto che ai contenuti innovativi dell’agricoltura sociale e alla sua capacità di valorizzare la collaborazione complementare tra mondo agricolo e sociale, è mancato al proprio compito di stimolo e di vigilanza critica?

Il 21 marzo a Roma presso il Mipaaf è stato presentato il Rapporto sull’agricoltura sociale, realizzato dal CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) nell’ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale. Il Rapporto prova a dare una lettura del tema, fornendo una fotografia parziale e scegliendo l’angolo di visuale più prossimo al mondo della cooperazione sociale e alle attività di inclusione lavorativa. Non a caso diverse indagini predisposte dalla Rete Rurale Nazionale forniscono indicazioni non sovrapponibili, complementari e da integrare.

“Ricerche basate sugli esiti di pratiche di campo territoriali che hanno valorizzato l’agricoltura sociale in reti locali composte da imprese agricole diversamente gestite, terzo settore, mondo dei servizi – ha affermato il prof. Di Iacovo (Università di Pisa) nel corso della presentazione del Rapporto – sono in grado di produrre esiti di tutto rilievo. In una fase di crisi economica del welfare l’agricoltura sociale innova quando lega la capacità di creare reddito da parte delle imprese responsabili con chi è in grado di accompagnare le persone con difficoltà. Partendo da queste esperienze è possibile stimare come la mancata innovazione e l’inefficace diffusione di progetti di agricoltura sociale finiscono per distruggere un potenziale intenso di opportunità tra cui 1.500 posti di lavoro ogni anno per persone a bassa contrattualità, equivalenti a una spesa pubblica risparmiata per investimenti di 400 milioni di euro, prodotti etici per 150 milioni di euro, accresciuta disponibilità di spesa pubblica per servizi (derivante dal risparmio di servizi per persone incluse nel mondo lavorativo) pari a 20 milioni di euro, nuove attività e servizi per 10mila persone”.

“Seguiamo da oltre dieci anni l’agricoltura sociale – sottolinea AiCARE (Agenzia Italiana per la Campagna e l’Agricoltura Responsabile ed Etica) – e conosciamo bene il patrimonio di passione e solidarietà che la anima. Accanto all’aumentata attenzione sul tema registriamo però un rallentamento dei processi di promozione, una separazione tra le azioni di territorio e il dibattito in corso e il rischio che questo patrimonio si disperda. Piuttosto che continuare sulla contrapposizione tra cooperazione sociale e mondo agricolo è davvero urgente riflettere sugli elementi di innovazione in agricoltura sociale e affrontare questioni inerenti la fiscalità, lo sviluppo di relazioni dirette produttori-consumatori per aumentare e valorizzare i prodotti di agricoltura sociale, la diffusione di buoni progetti e reti di territorio in grado di aumentare gli impatti positivi per il welfare e per le persone”.

27 marzo 2018